Giorno: 24 Febbraio 2018

  • Due acquisizioni per la Galleria Sabauda e immagini di Bepi Ghiotti a cura di Cristina Mundici.

    La mostra è dedicata alla recente acquisizione, da parte dello Stato italiano, di due importanti opere del Novecento: un dipinto di Carol Rama (Torino, 1918-2015) e un oggetto in carta dell’architetto Carlo Mollino (Torino, 1905-1973). Due amici dal carattere eccentrico, che hanno sviluppato la propria arte seguendo percorsi non convenzionali e realizzando creazioni inimitabili, difficilmente confrontabili con la produzione coeva.
    La tela Pittura 718 di Carol Rama (1954) è accompagnata nella mostra da quattro opere degli anni Cinquanta, quando la pittrice si unisce al gruppo astrattista del MAC – Movimento Arte Concreta nella sua branca torinese.
    Il Drago da passeggio di Carlo Mollino (1964) è un oggetto in più copie, ognuna personalizzata con decorazioni pittoriche per essere donata agli amici più cari. Il drago che qui si presenta, dal titolo specifico Notte in laguna, è stato regalato a Carol Rama ed è sempre stato conservato nella sua casa studio in via Napione a Torino, appeso accanto a una gigantografia che ritrae la pittrice negli anni Sessanta con Edoardo Sanguineti, altro grande intellettuale amico.
    Due dipinti realizzati da Carol Rama negli anni Ottanta, frutto della sua immaginazione visionaria e popolati di animali magistralmente dipinti, dialogano con l’opera cartacea di Carlo Mollino.
    Le immagini che accompagnano i quadri esposti ritraggono Carol Rama e gli ambienti della sua casa studio, che l’artista Bepi Ghiotti ha fotografato negli anni 2012-2014, prima della scomparsa della pittrice.
    Cento anni fa, il 17 aprile 1918, nasce a Torino Carol Rama. Inizia a dipingere ancora adolescente senza alcuna formazione accademica, ma sostenuta nella sua passione da alcuni incontri fondamentali, primo fra tutti quello con Felice Casorati.

    Molti i rapporti con amici intellettuali da cui assorbe informazioni e stimoli: dal poeta Edoardo Sanguineti al musicologo Massimo Mila, dal pittore Albino Galvano all’architetto Carlo Mollino, dal critico Paolo Fossati al collezionista Carlo Monzino, dal compositore Luciano Berio all’artista Man Ray, per citarne alcuni.

    Sempre aggiornata sulle varie tendenze artistiche ma con grande autonomia di lavoro, sviluppa nel corso del ventesimo secolo un percorso tutto personale, adottando via via materiali e temi diversi. Alle prime prove figurative tra anni Trenta e Quaranta, spesso di soggetto scabroso, seguono gli olii e le prove astratte degli anni Cinquanta, per virare negli anni Sessanta verso opere in cui su macchie di colore di derivazione
    informale sono applicati oggetti d’uso quali occhi di bambola, strumenti medicali, trucioli metallici.

    La tecnica del collage si evolve negli anni Settanta, quando camere d’aria usate sono utilizzate in sostituzione del colore e applicate su tele monocrome o appese tridimensionalmente a un gancio in ferro. Successivamente, l’artista ritorna alla figurazione e realizza mirabili dipinti in cui sovrappone figure e animali a carte tecniche prestampate, prima traccia da cui muovere il proprio immaginario. Con ininterrotta continuità, la pittrice lavora fino ai primi anni del Duemila.

    Se Lea Vergine ha curato nel 1985 la prima, grande mostra personale dell’artista a Milano, i riconoscimenti pubblici sono via via aumentati con l’esposizione a cura di Achille Bonito Oliva alla Biennale di Venezia del 1993, il conferimento del Leone d’oro alla Biennale del 2003, e varie importanti mostre monografiche culminate nella grande personale itinerante da Barcellona, a Parigi, Helsinki, Dublino, che ha avuto la sua ultima tappa alla GAM di Torino nel 2016.

    Carol Rama si è sempre mossa nel mondo dell’arte in autonomia da movimenti e gruppi, a eccezione degli anni Cinquanta quando partecipa al MAC – Movimento di Arte Concreta. Il MAC, fondato a Milano a fine 1948 da Gillo Dorfles, Gianni Monnet, Bruno Munari e Atanasio Soldati, faceva riferimento alla corrente dell’Astrattismo concretista internazionale e alla tradizione multidisciplinare del Bauhaus.

    Già all’inizio degli anni Cinquanta alcuni artisti torinesi, tra cui Carol Rama, si allineano alla poetica del MAC. Nel 1952 viene redatto il Manifesto del gruppo torinese a firma Annibale Biglione, Albino Galvano, Adriano Parisot, Filippo Scroppo e nel 1954, lo stesso anno del quadro qui esposto, è allestita una mostra personale di Carol Rama alla Libreria Salto di Milano, quartier generale del MAC, presentata da Gillo Dorfles.

    Nella produzione dell’artista in questo giro d’anni si assiste alla creazione di quello che Dorfles ha chiamato un “modulo grafico”, più volte ripetuto all’interno del singolo quadro ma con grande leggerezza e libertà compositiva. Per usare le parole di Albino Galvano, estimatore e amico della pittrice, che ne descrive, quasi in forma di calembour, i lavori del periodo: «la forma in Carolrama sfugge al formalismo pur nell’ascesi del lavorar “formando” anziché “figurando”».
    «È noto che il problema dell’uso del “tempo libero”, emerso in uno con il progresso tecnico e particolarmente in virtù di quello dell’automazione e della cibernetica, si presenta da tempo all’attenzione dei sociologi con crescente necessità di soluzione. […] Oziare passeggiando è appunto il primo grado, o meglio il primo passo, per giungere alla pura soluzione di quell’uso del tempo libero oggetto di questo messaggio agli amici. […] Ecco quindi che emerge la ragione di vita del drago da passeggio offerto come prezioso ausilio al fine di ritmare, come si vedrà, l’operazione secondo il moto coniugato del corpo e dello spirito in cogitante contemplazione. […] Il drago da passeggio offerto agli amici, originario dell’India, è il noto drago del Panjab, di piccola taglia, di singolare intelligenza e vago aspetto. Il mantello, sempre di prestigiosa decorazione, si adatta congenialmente e all’istante con il paesaggio interiore di ciascun proprietario».
    da Carlo Mollino, Del Drago da passeggio, 1964 (libretto che accompagna l’opera e che riporta la seguente dicitura: «Drago n. 70 “Notte in laguna”.

  • Gallery Conferenza Stampa

    A Guttuso è dedicata la mostra Renato Guttuso. L’arte rivoluzionaria nel cinquatesimo del ‘68

    Nei giorni seguenti alla morte di  Togliatti Guttuso  scriveva di sentire la necessità di dipingere un quadro sui funerali. Lo realizzo solo 8 anni dopo.

    Ritrasse gli amici di Togliatti, i compagni di partito, il popolo delle bandire rosse, ma anche: Dimitrovv, Stalin Lenin un’opera monumentale  che divenne  l’opera manifesto dell’artista.

    Curata da Pier Giovanni Castagnoli, con la collaborazione degli Archivi Guttuso, la mostra raccoglie e presenta circa 60 opere provenienti da importanti musei e collezioni pubbliche e private europee. Primeggiano alcune delle più significative tele di soggetto politico e civile dipinte dall’artista lungo un arco di tempo che corre dalla fine degli anni Trenta alla metà degli anni Settanta.

    Nell’ottobre del 1967, cinquantesimo anniversario della rivoluzione d’ottobre, Renato Guttuso scriveva su Rinascita, rivista politico-culturale del Partito Comunista Italiano, un articolo intitolato Avanguardie e Rivoluzione, nel quale il pittore riconosceva alla rivoluzione il titolo inconfutabile e meritorio di essere stata il fondamento di una nuova cultura, con la quale profondamente sentiva di identificarsi e che lo induceva a chiudere il suo scritto con l’esplicita professione di fede: “L’arte è umanesimo e il socialismo è umanesimo”.

    Guttuso era stato, a partire dagli anni della fronda antifascista e tanto più nel secondo dopoguerra, un artista che, come pochi altri in Italia, si era dedicato con perseverante dedizione e ferma convinzione a ricercare una saldatura tra impegno politico e sociale ed esperienza creativa, nella persuasione che l’arte, nel suo caso la pittura, possa e debba svolgere una funzione civile e sia costitutivamente dotata di una valenza profondamente morale.

    A poco più di cinquant’anni dalla pubblicazione dell’articolo e nella ricorrenza del cinquantenario del ‘68, la GAM di Torino si propone di riconsiderare il rapporto tra politica e cultura, attraverso una mostra dedicata all’esperienza dell’artista siciliano, raccogliendo alcune delle sue opere maggiori di soggetto politico e civile.

    A partire da un dipinto quale Fucilazione in campagna del 1938, ispirato alla fucilazione di Federico Garcia Lorca, che a buon diritto può essere assunto a incunabolo di una lunga e ininterrotta visitazione del tema delle lotte per la libertà, per giungere alla condanna della violenza nazista, nei disegni urlati e urticanti del Gott mit uns (1944) e successivamente, dopo i giorni tragici della guerra e della tirannia, alle intonazioni di una reinventata epica popolare risuonanti in opere nuove per stile e sentimento come: Marsigliese contadina, 1947 o Lotta di minatori francesi, 1948.

    Un grande, ininterrotto racconto che approda, negli anni Sessanta a risultati di partecipe testimonianza militante, come in Vietnam (1965) o a espressioni di partecipe affettuosa vicinanza, come avviene, nel richiamo alle giornate del maggio parigino, con Giovani innamorati (1969) e più tardi, in chiusura della rassegna, a quel compianto denso di nostalgia che raffigura i Funerali di Togliatti (1972) e in cui si condensa la storia delle lotte e delle speranze di un popolo e le ragioni della militanza di un uomo e di un artista. “Nel secondo dopoguerra – afferma Carolyn Christov-Bakargiev Direttore della GAM – negli ambienti della cultura di sinistra si discuteva tra avanguardia formalista e realismo figurativo.

    Ci si chiedeva quale fosse più rivoluzionaria e quale più reazionaria. Oggi, paradossalmente, nell’era della realtà aumentata e della virtualità, la pittura di Guttuso può sembrarci tanto reale e materica quanto il mondo che stiamo perdendo”. A fronte dell’antologia di tali dipinti e in dialogo con essi, la mostra offre anche un repertorio variegato di opere di differente soggetto: ritratti e autoritratti, paesaggi, nature morte, nudi, vedute di interno, scene di conversazione.

    Quadri tutti coevi ai tempi di esecuzione dei dipinti di ispirazione politica e sociale, selezionati con il proposito di offrire indiscutibile prova dei traguardi di alta qualità formale conquistati da Guttuso nell’esercizio di una pittura che – afferma il curatore Pier Giovanni Castagnoli – “per comodità, potremmo chiamare pura, con l’intendimento di saggiare, attraverso il confronto dei diversi orizzonti immaginativi, l’intensità dei risultati raggiunti su entrambi i versanti ideativi su cui si è esercitato il suo impegno di pittore e poter consegnare infine all’esposizione, pur nel primato assegnato al cardine tematico su cui la mostra si incerniera, un profilo ampiamente rappresentativo della ricchezza dei registri espressivi presenti nel ricchissimo catalogo della sua opera e della poliedrica versatilità del suo estro creativo”.

    La mostra è accompagnata da un catalogo, edito da Silvana Editoriale, con saggi di Pier Giovanni Castagnoli, Elena Volpato, Fabio Belloni, Carolyn Christov-Bakargiev e un’antologia di scritti di Renato Guttuso.

    GAM – GALLERIA CIVICA D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA

    • Via Magenta, 31 –
    • 10128 Torino
    • tel. +39 011 4429518 – +39 011 4436907
    • email: gam@fondazionetorinomusei.it
    • www.gamtorino.it

    Orari di apertura

    • da martedì a domenica: 10.00 – 18.00, lunedì chiuso.
    • La biglietteria chiude un’ora prima.

    Biglietti

    Intero 12€ Ridotto 9€ Ingresso libero Abbonamento Musei e Torino Card info, prenotazioni e prevendita: www.ticketone.it

    Call center e info-line 011-0881178

     

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