Mese: Luglio 2018

  • Un dono regale, un ritorno straordinario.

    Si ricompone per la prima volta dopo lungo tempo, presso la Galleria Sabauda dei Musei Reali di Torino, la preziosa garniture da camino in porcellana bianca realizzata nel 1715 dalla Manifattura di Meissen presso Dresda.

    Come noto, la scoperta del segreto della porcellana a pasta dura, avvenuta nel 1708 da parte del chimico Johann Friedrich Böttger, e di una cava di argilla bianca (caolino) fu all’origine della nascita della celebre Manifattura tedesca, inaugurata nel 1710 con l’intento di imitare la costosissima ceramica orientale.

    La garniture costituisce, dunque, un insieme di eccezionale interesse anche per la sua antichità, trattandosi di una delle prime realizzazioni di Meissen. Le montature in argento dorato impreziosiscono ulteriormente l’insieme che, nel vaso ad anse esposto al centro della vetrina, reca ancora tracce della decorazione pittorica in oro applicata a fuoco, con motivi à la Bérain.

    Alcune piccole fenditure, visibili nel corpo dei vasi, indicano la difficoltà tecnica di questi primi saggi di esecuzione in cui, tuttavia, si impone già la ricchezza delle decorazioni, con volute, teste d’angelo, foglie, conchiglie.

    Oltre alla straordinaria qualità artistica e tecnica, i cinque vasi che compongono la garniture, oggi divisi fra il Palazzo Reale di Torino e il Museo Poldi Pezzoli di Milano, sono protagonisti di un dono regale.

    Composto in origine da sette pezzi, l’insieme viene esposto nel 1715 nel Palazzo Giapponese di Dresda, finché nel 1725 il re di Polonia Augusto II, detto il Forte (1670-1733), lo invia a Vittorio Amedeo II di Savoia re di Sardegna (1666-1732), in segno di ringraziamento per averlo ospitato durante un viaggio tra le Corti europee.

    Da allora, la garniture rimane nel Palazzo Reale di Torino, in particolare nella Camera dell’Alcova. Da documenti del 1823 due vasi risultano, però, mancanti e, col tempo, anche gli altri cinque vengono separati. I due esemplari grandi, senza manici, rimangono nel Palazzo, dove tuttora sono conservati (Appartamento di Rappresentanza, Sala del Caffè). Il vaso maggiore ad anse e i due più piccoli, di straordinaria eleganza con rami e roselline, sono trasferiti, invece, al Museo Civico di Torino (1877), poi esibiti alla IV Esposizione Nazionale di Belle Arti di Torino (1880) e, infine, per volere di Umberto di Savoia principe di Piemonte (1929), ricollocati nel Palazzo. Da qui, tuttavia, escono prima del 1966, quando sono venduti a un’asta. Al termine della loro storia collezionistica, i tre vasi entrano a far parte della collezione Zerilli-Marimò, donata nel 2017 al Museo Poldi Pezzoli di Milano.

    Dopo essere stata riunita per la prima volta a Milano in una recente esposizione, la garniture ritorna così visibile anche a Torino.

    Le opere esposte:

    –       Due vasi con coperchio – garniture da camino

    Manifattura di Meissen – Modello di Johann Jacob Irminger, disegno di Raymond Leplat

    Porcellana bianca verniciata; montatura in argento dorato – 1715

    Musei Reali di Torino – Palazzo Reale

    –       Due vasi con coperchio; un vaso ad anse con coperchio – garniture da camino

    Manifattura di Meissen – Modello di Johann Jacob Irminger, disegno di Raymond Leplat

    Porcellana bianca verniciata e dorata; montatura in argento dorato – 1715

    Museo Poldi Pezzoli di Milano, donazione Zerilli-Marimò

  • Dal 20 giugno al 30 settembre 2018 i Musei Reali presentano a Torino, nelle Sale Palatine della Galleria Sabauda, una mostra di pittura rara e preziosa, dedicata al genere della natura morta, che nasce dalla collaborazione con Bozar – Palais des Beaux-Arts di Bruxelles e che si avvale della partnership con Intesa Sanpaolo.

    Con Il silenzio sulla tela. Natura morta spagnola da Sánchez Cotán a Goya il Belgio e l’Italia si uniscono per costruire un omaggio alla Spagna. Intorno alle prove di grandi artisti come Sánchez Cotán, Juan de Zurbarán, Meléndez e Goya, la mostra traccia il percorso di sviluppo di questo genere su due secoli di produzione. Dalla silente concentrazione delle tele del Seicento, con l’indagine accurata e preziosa degli oggetti della vita quotidiana e della natura, attraverso le trionfanti composizioni barocche, ricche di decorazioni floreali e intrise di significati simbolici, si arriva all’età delle accademie e alla consacrazione del genere all’interno dei canoni artistici.

    Curata da Ángel Aterido, professore dell’Università Complutense di Madrid, la mostra è articolata secondo un percorso in sette sezioni: le origini, i bodegones, i floreros, tavole e cucine, le Vanitas, il primo Settecento, il gusto accademico e Goya. Al suo interno raccoglie circa quaranta opere provenienti da prestigiosi musei pubblici quali il Museo del Prado, il Louvre, le Gallerie degli Uffizi e l’Art Museum di San Diego, così come da importanti collezioni private: per il visitatore sarà come intraprendere un viaggio tematico attraverso alcuni dei più importanti musei del mondo, ammirando straordinari esempi di bodegones dipinti da Juan Sánchez Cotán, provenienti dagli Stati Uniti e dalla Collezione Abelló di Madrid, le Mele in cestino di vimini di Juan de Zurbarán, le scene allegoriche nella Vanitas e Il Sogno del Cavaliere di Pereda, la Natura morta con quaglie, cipolle, aglio e recipienti caratterizzata dallo straordinario virtuosismo tecnico di Meléndez e l’impressionante Natura morta con tacchino di Goya.

    La rappresentazione degli oggetti quotidiani, dei frutti, delle piante o degli animali, isolati e raffigurati senza la presenza dell’uomo, si diffonde in Europa intorno al 1590-1600. Fin dalla sua nascita, la natura morta viene intesa come un esercizio mimetico di descrizione analitica della realtà naturale, caratterizzato da un forte senso decorativo. Il caso spagnolo presenta alcune peculiarità che lo contraddistinguono dalle soluzioni compositive adottate negli altri paesi europei, come ben dimostra anche l’uso di una parola specifica per indicare questo particolare genere figurativo: bodegón. Sebbene sia possibile mettere in relazione le prime nature morte spagnole con modelli fiamminghi e italiani, il loro carattere austero e le personali interpretazioni del tema fornite da importanti pittori quali Juan Sánchez Cotán, Juan de Zurbarán, Luis Meléndez o Francisco de Goya, implicano un loro specifico riconoscimento fra i vertici dell’arte occidentale.

    La mostra è arricchita dal dialogo tra le opere spagnole e nove dipinti italiani e fiamminghi appartenenti alle collezioni della Galleria Sabauda, tra le quali la Natura morta con frutta, dolci, crostacei, un bicchiere e un topo di Peter Binoit, La vanità della vita umana di Jan Brueghel, caratterizzata da una grandissima ricchezza iconografica, o ancora il Vaso con fiori e insetti di Cornelis De Heem. A queste si aggiunge una superba opera di Giuseppe Recco, Natura morta con pesci e molluschi, appartenente alle raccolte del Palazzo Zevallos di Napoli e gentilmente concessa in prestito dalle Gallerie d’Italia – Intesa Sanpaolo.

    Con la sofisticata trama dei suoi rimandi e delle sue influenze, la mostra rappresenta una straordinaria opportunità per celebrare, attraverso il lascito depositato nella pittura, la complessità del tessuto culturale che unisce tre grandi nazioni -Spagna, Belgio e Italia-, proprio nell’anno che il Consiglio d’Europa ha voluto dedicare al vasto, variegato e solidale patrimonio del nostro continente.

  • Giovedì 25 giugno al Circolo dei Lettori è stato presentato alla stampa Art Site Fest che si terrà dal 20 settembre al 18 novembre, tema:  “la Contaminazione” delle dimore storiche Piemontesi, con l’arte contemporanea in tutte le sue forme.

    Sono intervenuti alla presentazione Luca Angelantoni Fondazione CRT, Maurizio Cibrario Fondazione Torino Musei, Cristiana Maccagno Palazzina di Caccia di Stupinigi, Luca Malvicino, Associazione Govone Residenza Sabaude, Domenico Maria Papa curatore di Art Site.

    Gli anni scorsi nel Festival venivano interessate tre dimore: il Castello di Racconigi, il Castello di Govone e Reggia di Venaria.

    Quest’anno grazie all’interesse di pubblico delle scorse edizione,  al lavoro del curatore Domenico Maria Papa e della sua squadra, con 38 artisti presenti e 140 opere, le dimore interessate al festival aumento fino ad arrivare a 9: Reggia di Venaria, Palazzo Chiablese, Palazzina di Caccia di Stupinigi, il Castello di Govone, il Castello di Racconigi, Palazzo Biandrate, Museo Egizio, Palazzo Bricherasio e Palazzo Madama.

    Tra gli  artisti presenti al Festival, Guler Ates, artista turca le cui opere sono realizzate attraverso performance e attività “adattive”,  fantasmi di donna ideati dall’artista turca. Al centro del suo percorso artistico l’indagine della figura umana in particolar modo la donna.

    Le tappezzerie cinesi prendono a vivere nel video di Yong Yongllong, al Castello di Govone.

    Joseph Fàd, fotoreporter di guerra libanese, famoso per i vuoi scatti da Palmira e dai siti devastati dall’Isis, che verranno messi a confronto da cartoline degli stessi luoghi prima della guerra e saranno presenti al Museo Egizio, permettendo cosi una riflessione su quanta fragilità si crei intorno all’arte.

    Tornerà Beppe Servìllo, degli AvionTravel, in un reading con Fattrice Eiena Sena e Lamberto Curtoni al violoncello.

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