Categoria: Eventi

  • “Photography, fortunately, to me has not only been a profession but also a contact between people – to understand human nature and record,

    if possible, the best in each individual.”

    Nickolas Muray

    Next Exhibition e ONO arte contemporanea sono lieti di presentare “Frida Kahlo through the lens of Nickolas Muray”, una mostra che offre uno sguardo intimo e privato su Frida Kahlo, l’artista più prolifica, conosciuta e amata del Messico, attraverso l’obiettivo fotografico del suo amico di lunga data e amante, Nickolas Muray.

    NICKOLAS E FRIDA

    L’incontro tra Muray e Kahlo avviene quasi per caso: nel 1923 Nickolas Muray incontrò l’artista messicano Miguel Covarrubias che era venuto a New York con una borsa di studio di sei mesi offerta dal governo messicano. Poco dopo il suo arrivo, Covarrubias iniziò a lavorare per Vanity Fair – rivista alla quale Muray contribuiva da diversi anni con i suoi ritratti di celebrità – e i due diventarono presto amici. Nel 1931 Muray si recò in Messico in vacanza con Covarrubias e sua moglie Rosa. Poiché Covarrubias era stato uno studente di Diego Rivera, era inevitabile che Frida Kahlo e Nickolas Muray si incontrassero.

    Immediatamente dopo il loro primo incontro Kahlo inviò a Muray un biglietto che recitava:

    Nick,

    I love you like I would love an angel.

    You are a Lillie of the valley my love.

    I will never forget you, never, never.

    You are my whole live

    I hope you will never forget this.

    Frida

    Sotto, a chiosa del messaggio, lo stampo di un bacio.

    I due iniziarono una storia d’amore che continuò e si spense per i successivi dieci anni e un’amicizia che durò fino alla sua morte, nel 1954.

    Le fotografie che Muray realizzò nel corso di questa relazione, che coprono un periodo che va dal 1937 al 1946, ci offrono una prospettiva unica, quella dell’amico, dell’amante e del confidente, ma al tempo stesso mostrano le qualità di Muray come ritrattista e come maestro della fotografia a colori, campo pionieristico in quegli anni. Queste immagini mettono anche in luce il profondo interesse di Kahlo per la sua eredità messicana, la sua vita e le persone per lei importati con cui la condivideva.

    © Nickolas Muray Photo Archives

    LE FOTO ICONA DI FRIDA

    Nato in Ungheria ma naturalizzato americano, Nickolas Muray è diventato un fotografo di moda e pubblicità famoso per i suoi ritratti di celebrità, politici e artisti. Era un artista prolifico: i suoi archivi infatti contengono oltre 25.000 negativi, ma indubbiamente il soggetto che ha ritratto di più in assoluto fu proprio Frida. Muray è stato sperimentatore nel campo della fotografia a colori sin dai primi anni della sua carriera, ma ha trovato il suo modello più colorato nella Kahlo.

    Le immagini nate dal rapporto professionale e personale tra i due si sono fatte strada nella cultura popolare, attraverso i più diversi media, e hanno influenzato profondamente la visione che il pubblico ha di Frida. Sono diventate un’icona, la prima immagine che ci viene in mente quando si pensa alla pittrice messicana. Sono parte integrante della comprensione di chi fosse Frida Kahlo come individuo dietro l’opera d’arte.

    UNA PRIMA VISIONE EUROPEA

    La mostra, promossa da Next Exhibition e ONO arte, è organizzata dall’archivio Nickolas Muray attraverso GuestCurator Traveling Exhibition, LCC.

    Si compone di 60 fotografie ed è presentata per la prima volta in Europa alla Palazzina di Caccia di Stupinigi dal 1 febbraio fino al 3 maggio 2020.

    IL PERCORSO ESPOSITIVO

    La mostra racconta, seguendo la cronologia delle fotografie di Nickolas Muray, il percorso professionale e personale di Frida Kahlo, a partire dagli scatti del 1937 a Tizapan in Messico, per chiudere con quelli del 1948 a Pedregal e Coyoacan. In questo lasso di tempo nascono alcune delle foto più importanti mai fatte a Frida Kahlo, come quelle realizzate nel 1939 nello studio di Muray e nel 1946 a New York, esposte in mostra come a ricostruire un album fotografico di famiglia.

    La mostra fotografica di Nickolas Muray sarà ulteriormente arricchita. Il visitatore avrà infatti la possibilità di immergersi nei sentimenti e nelle emozioni che hanno caratterizzato l’artista: suggestiva e toccante la parte introduttiva multimediale che simula l’incidente che ha segnato la sua vita.

    In mostra saranno presenti anche riproduzioni di ambienti, abiti messicani, gioielli e lettere d’amore tra Nickolas Muray e Frida Kahlo.

     

    GIORNI ED ORARI DI APERTURA

    La mostra sarà aperta:

    • dal martedì al venerdì dalle 10 alle 17.30
    • sabato e domenica dalle 10 alle 18.30

    Ultimo ingresso consentito in mostra un’ora prima dell’orario di chiusura.

    Aperture straordinarie:

    • 14 febbraio dalle 10 alle 18.30
    • 8 marzo dalle 10 alle 22
    • 13 aprile (Pasquetta) dalle 10 alle 18.30

     

    PREZZO BIGLIETTI

    Intero: 14 euro

    Ridotto generico (valido per over 65, under 12*, partners convenzionati, studenti universitari): 12 euro

    Ridotto gruppi (per un minimo di 20 persone): 10 euro

    Ridotto possessori di Tessera Musei: 10 euro

    Ridotto cral: 10 euro

    Ridotto scuole (per un minimo di 15 alunni): 8 euro

    *I bambini al di sotto dei 6 anni entrano gratuitamente.

    Open (per visitare la mostra in un giorno di apertura, senza decidere la data precisa al momento dell’acquisto; ideale nel caso si regali il biglietto per la mostra): 16 euro

    Supplemento audioguida in mostra (facoltativo): 2 euro

    I biglietti sono acquistabili in prevendita presso il circuito TicketOne (on-line su www.ticketone.it ed in tutti i punti vendita affiliati) da lunedì 9 dicembre.

    Il costo di prevendita, da aggiungere ai prezzi sopracitati, è di base di 1,50 euro, ma cambia a seconda della modalità di acquisto scelta (ritiro presso il luogo dell’evento o spedizione a casa con corriere).

    Durante i giorni e gli orari di apertura della mostra sarà possibile acquistare i biglietti anche direttamene al botteghino, senza costo aggiuntivo di prevendita, presso la Palazzina di Caccia di Stupinigi, in Piazza Principe Amedeo 7 a Nichelino (TO).

    NOTA BENE: chi presenterà il biglietto di visita della Palazzina di Caccia di Stupinigi potrà entrare in mostra a prezzo scontato a 10 euro.

    Info prenotazioni: per ulteriori informazioni/prenotazioni gruppi è possibile contattare la biglietteria di Next Exhibition srl al numero 380/1028313; e scrivere all’indirizzo e-mail: info@nextexhibition.it  oppure a biglietteria@fridatorino.it

     

    Frida Kahlo a Torino Sito Web

     

  • “Sono un figlio del Nord, e tutto ciò che sono è una parte del suo popolo e

    della sua natura selvaggia. Ovunque mi trovi, il Nord sarà sempre la mia patria

    (nel senso più ampio). Amo la natura aspra e  malinconica del Nord,

    e quei vividi lampi di luce che gli artisti nordici sanno esprimere”

    (Konrad Mägi, dicembre 1907)

     

    Arriva ai Musei Reali di Torino nelle Sale Chiablese dal 30 novembre 2019 all’8 marzo 2020 la mostra Konrad Mägi. La luce del Nord, dedicata all’artista estone dalla straordinaria forza espressiva, fatta soprattutto di colore e di luce. Mägi è considerato il capostipite della pittura estone moderna ed è spesso assimilato ad artisti come Vincent Van Gogh e Alfred Sisley, con cui ha in comune l’uso audace della materia pittorica e degli effetti luminosi.

     

    La mostra, curata dallo storico dell’arte Eero Epner in collaborazione con la direzione dei Musei Reali, cade in prossimità dei 100 anni dalla visita di Konrad Mägi in Italia e, con oltre cinquanta opere (paesaggi, ritratti e disegni), è una delle personali più grandi mai realizzate in Europa. Le opere provengono dal Museo Nazionale d’Arte dell’Estonia e dal Museo d’Arte di Tartu, oltre che dalle collezioni private di Enn Kunila e Peeter Värnik e da quelle della Società degli studenti estoni.

    L’opera di Konrad Mägi è il lavoro di una personalità irrequieta e intensa, che attraverso la sua pittura di paesaggio, tesa e talvolta onirica, costruita con una materia densa ed espressiva, racconta al continente europeo il fascino della natura del Nord, dei suoi grandi cieli solcati da nuvole instabili e accese dai bagliori del tramonto, i laghi, le campagne distese e le scogliere a picco sul mare.

    Impossibile da collocare in un preciso movimento, Mägi sfiora tutte le correnti senza mai farne propria nessuna. Ama la natura e la dipinge come se stesse facendo un ritratto; al contrario, i suoi pochi ritratti di persone sono realizzati come se stesse dipingendo la natura, che percepisce come uno spazio metafisico e sacro. Anarchico, eccentrico, sognatore e utopista, Mägi è un artista unico nel panorama europeo del primo ventennio del Novecento, per il suo approccio alla pittura e, più in generale, alla vita. Come scrisse egli stesso nel 1906: “Prima o poi bisogna andare a vedere il mondo, anche a costo della vita, perché non fa differenza come uno muore e dove muore”.

    La mostra Konrad Mägi. La luce del Nord per la direttrice dei Musei Reali Enrica Pagella è al contempo una scoperta e una sfida: “Sono certa che le opere di Konrad Mägi saranno per il pubblico dei Musei Reali una scoperta e una sfida. La scoperta di un artista ancora poco noto e, insieme, del suo mondo, fatto di esperienze e di contatti che, partendo dall’Estonia, uniscono San Pietroburgo a Parigi e a Roma. Una sfida, perché la poetica di Mägi, pur così diretta, incrocia segni di culture artistiche – Art Nouveau, fauves, impressionismo, espressionismo – che devono essere interpretati alla luce di un’ispirazione peculiare e personale, come suggestioni che provengono da terre lontane dentro un solco di sapore quasi etnografico. Una pittura che scrive, con i suoi mezzi di forma, di colore e di luce, un pezzo di storia europea”.

    Per la direttrice del Museo Nazionale d’Arte dell’Estonia Sirje Helme la mostra rappresenta un riconoscimento e un risarcimento nel contesto dell’arte europea: “Il grande e ben documentato interesse di una prestigiosa istituzione del mondo dell’arte nei confronti della storia dell’arte estone del primo Novecento serve da ulteriore conferma che i concetti di ‘periferia’ e ‘centro’ stanno progressivamente perdendo il proprio significato nella storia della cultura europea. Il programma di altissimo livello dei Musei Reali e la loro grande professionalità organizzativa posizionano l’opera di Mägi in contesti da cui essa è stata esclusa per cent’anni. In questo modo si arricchisce la storia dell’arte sia estone che europea”.

    Un film-documentario su Konrad Mägi, appositamente realizzato per la mostra dalla regista estone Marianne Kõrver, sarà proiettato nell’ultima sala espositiva. Il documentario si concentra sulla personalità contradditoria e in parte inesplicabile di Mägi, che si riflette in forme diverse anche nelle sue opere. La storia appassionata e autodistruttiva delle ricerche metafisiche dell’artista, unita a un certo mistero che circonda sia la sua vita che la sua arte offrono allo spettatore la possibilità di fare esperienza della sua opera in modo molto personale e partecipato. Vari scrittori, storici dell’arte e studiosi estoni (Tiina Abel, Tõnu Õnnepalu, Eha Komissarov, Veiko Õunpuu, Hasso Krull, Lauri Sommer, Marek Tamm, Jaan Elken ja Kristi Kongi) descrivono la personale relazione di Konrad Mägi con l’arte e spiegano il contesto in cui essa si è sviluppata.

    L’allestimento della mostra è curato da Tõnis Saadoja e il design grafico da Kätlin Tischler. L’organizzazione della mostra è coordinata dal Museo Nazionale d’Arte dell’Estonia e supportata dalla Fondazione Konrad Mägi.

    Al termine dell’esposizione torinese, la mostra continuerà il suo viaggio facendo tappa nell’autunno 2021 al museo EMMA di Espoo, in Finlandia.

    LA VITA DI KONRAD MÄGI

    Mägi nasce in un ambiente rurale dell’Estonia meridionale nel 1878 e nel 1889 si sposta con la famiglia a Tartu, dove comincia a lavorare come apprendista falegname. Poco più che ventenne inizia la sua formazione artistica nella scuola di arti industriali di San Pietroburgo ma, già inquieto, abbandona la città nel 1906 per trasferirsi in Finlandia, nelle isole Åland, dove realizza i suoi primi dipinti. Nel 1907 approda a Parigi, dove vive per un anno, lottando con i disagi causati dalla povertà e dalle difficoltà di inserimento nell’ambiente artistico della metropoli. Nel 1908 è in Norvegia, dove dipinge intensamente, creando la base per le prime esposizioni di Tartu e di Tallin (1910), che gli daranno grande notorietà consentendogli un altro viaggio a Parigi. Ma già nel 1912 fa definitivamente ritorno in Estonia, dove lavora come insegnante d’Arte. L’ultima sua fase creativa coincide, nel 1921, con il viaggio in Italia, dove realizza luminose vedute di Roma, di Capri e di Venezia. Tornato in patria e gravemente malato, si spegne nel 1925, all’età di quarantasette anni.

    Per maggiori info

    Foto di copertina:

    Paesaggio con nuvola rossa. 1913‒1914. Olio su tela. Museo nazionale d’arte, Estonia

    Landscape with a Red Cloud. 1913‒1914. Oil on canvas. Art Museum of Estonia

     

     

  • La Fondazione Accorsi-Ometto rende omaggio a un altro importante pittore dell’Ottocento: Vittorio Corcos, maestro indiscusso del ritratto femminile.
    La mostra, attraverso una scelta mirata di opere, ripercorre sei ‘capitoli’ di un’avventura dello sguardo che Corcos traduce in quadri ora intimi ora consacrati ai mille dettagli del lusso così da restituirci, quasi percepibile e fragrante, l’aria del tempo.

    Il percorso espositivo è così suddiviso: Sguardi, dedicato alle intense espressioni delle donne della Belle Époque; In posa nell’atelier dove i protagonisti sono personalità del tempo come lo scrittore Jack La Bolina (Augusto Vittorio Vecchi), il macchiaiolo Francesco Gioli o la moglie del pittore Adolfo Belimbau; Aria di Parigi con lo splendido Le istitutrici ai Campi Elisi del 1892; Nel salotto della “gentile ignota” dove incontriamo il poeta Giosuè Carducci, il compositore e direttore d’orchestra Pietro Mascagni e il pittore Silvestro Lega; Luce mediterranea con La lettura sul mare del 1910 circa e Veduta di Pracchia del 1905; infine Eterno femminino con le opere iconiche di Corcos, tra cui Sogni del 1896 e i ritratti della cantante lirica Lina Cavalieri del 1903 o di Maria Josè S.A.R. principessa di Piemonte del 1931.

    Per maggiori informazioni 

  • Sarà una delle grandi mostre della stagione museale di Torino: il 12 dicembre apre a Torino, nelle sale monumentali di Palazzo Madama, una grande esposizione che vede protagonista Andrea Mantegna (Isola di Carturo 1431 – Mantova 1506), uno dei più importanti artisti del Rinascimento italiano, in grado di coniugare nelle proprie opere la passione per l’antichità classica, ardite sperimentazioni prospettiche e uno straordinario realismo nella resa della figura umana. Intorno alle sue opere si articolano le testimonianze di una stagione artistica – il Rinascimento in pianura padana, prima a Padova e poi a Mantova – capace di rivivere l’antico e di costruire il moderno.

    La rassegna presenta il percorso artistico del grande pittore, dai prodigiosi esordi giovanili al riconosciuto ruolo di artista di corte dei Gonzaga, articolato in sei sezioni che evidenziano momenti particolari della sua carriera e significativi aspetti dei suoi interessi e della sua personalità artistica, illustrando al tempo stesso alcuni temi meno indagati come il rapporto di Mantegna con l’architettura e con i letterati.

    Viene così proposta ai visitatori un’ampia lettura della figura dell’artista, che definì il suo originalissimo linguaggio formativo sulla base della profonda e diretta conoscenza delle opere padovane di Donatello, della familiarità con i lavori di Jacopo Bellini e dei suoi figli (in particolare del geniale Giovanni), delle novità fiorentine e fiamminghe, nonché dello studio della scultura antica.

    Un’attenzione specifica è dedicata al suo ruolo di artista di corte a Mantova e alle modalità con cui egli definì la fitta rete di relazioni e amicizie con scrittori e studiosi, che lo resero un riconosciuto e importante interlocutore nel panorama culturale, capace di dare forma ai valori morali ed estetici degli umanisti.

    Il percorso della mostra è preceduto e integrato, nella Corte Medievale di Palazzo Madama, da uno spettacolare apparato di proiezioni multimediali: ai visitatori viene proposta una esperienza immersiva nella vita, nei luoghi e nelle opere di Mantegna, così da rendere accessibili anche i capolavori che, per la loro natura o per il delicato stato di conservazione, non possono essere presenti in mostra, dalla Cappella Ovetari di Padova alla celeberrima Camera degli Sposi, dalla sua casa a Mantova al grande ciclo all’antica dei Trionfi di Cesare.

    Il Piano Nobile di Palazzo Madama accoglie, quindi, l’esposizione delle opere, a partire dal grande affresco staccato proveniente dalla Cappella Ovetari, parzialmente sopravvissuto al drammatico bombardamento della seconda guerra mondiale ed esposto per la prima volta dopo un lungo e complesso restauro e dalla lunetta con Sant’Antonio e San Bernardino da Siena proveniente dal Museo Antoniano di Padova.

    Il percorso espositivo non è solo monografico, ma presenta capolavori dei maggiori protagonisti del Rinascimento nell’Italia settentrionale che furono in rapporto col Mantegna, tra cui opere di Donatello, Antonello da Messina, Pisanello, Paolo Uccello, Giovanni Bellini, Cosmè Tura, Ercole de’ Roberti, Pier Jacopo Alari Bonacolsi detto l’Antico e infine il Correggio. Accanto a dipinti, disegni e stampe del Mantegna, saranno esposte opere fondamentali dei suoi contemporanei, così come sculture antiche e moderne, dettagli architettonici, bronzetti, medaglie, lettere autografe e preziosi volumi antichi a stampa e miniati.

    Per rendere chiaro e lineare questo tema complesso, un prestigioso comitato scientifico internazionale ha selezionato un corpus di oltre un centinaio di opere, riunito grazie a prestigiosi prestiti internazionali da alcune delle più grandi collezioni del mondo, tra cui il Victoria and Albert Museum di Londra, il Musée du Louvre e il Musée Jacquemart André di Parigi, il Metropolitan Museum di New York, il Cincinnati Art Museum, il Liechtenstein Museum di Vienna,  lo Staatliche Museum di Berlino, oltre a prestiti di numerose collezioni italiane, tra cui le Gallerie degli Uffizi, la Pinacoteca Civica del Castello Sforzesco, il Museo Poldi Pezzoli di Milano, l’Accademia Carrara di Bergamo, il Museo Antoniano e i Musei civici di Padova, la Fondazione Cini e le Gallerie dell’Accademia di Venezia, il Museo di Capodimonte di Napoli, i Musei Civici di Pavia, la Galleria Sabauda e il Museo di Antichità di Torino, i Musei Civici, il Seminario Arcivescovile e la Basilica di Sant’Andrea a Mantova.

    Il comitato scientifico della mostra è composto dai curatori Sandrina Bandera e Howard Burns, con Vincenzo Farinella come consultant curator per l’antico, insieme a Laura Aldovini, Lina Bolzoni, Molly Bourne, Caroline Campbell, Marco Collareta, Andrea Di Lorenzo, Caroline Elam, David Ekserdjian, Marzia Faietti, Claudia Kryza – Gersch, Mauro Mussolin, Alessandro Nova, Neville Rowley e Filippo Trevisani.

     

    La mostra, promossa dalla Fondazione Torino Musei e da Intesa Sanpaolo, è organizzata da Civita Mostre e Musei.

    Il catalogo, comprendente numerosi saggi introduttivi e di approfondimento oltre alle schede scientifiche di tutte le opere in mostra, è pubblicato da Marsilio Editori.

    Foto di Copertina: Andrea Mantegna – Ecce homo, 1500-1502 – Tempera su tela lino 54 X 42 cm -Paris, Musée Jacquemart-André – Institut de France © Studio Sébert Photographes

     

  • Partita da Torino ieri 31 ottobre A COLLECTION, la prima tappa di un grande progetto che intreccia la ricerca contemporanea di giovani ma affermati artisti del panorama italiano alla visione creativa delle nuove tecniche di tessitura.

    Il progetto prende forma in 10+1 affascinanti grandi arazzi contemporanei realizzati con straordinari filati ottenuti dalla lavorazione della plastica riciclata. Un’operazione per affermare come sia possibile, con la ricerca tecnologica e la creatività, unire l’attenzione per l’ambiente alla produzione di opere d’arte realizzando, da un prodotto considerato “rifiuto”, un oggetto contemporaneo di alto livello, di lusso in quanto opera d’arte.

    A COLLECTION è fortemente innovativo sia nella forma artistica sia nella sua realizzazione pratica.

    Il progetto, curato da Chiara Casarin con gli arazzi realizzati dal Maestro tessitore Giovanni Bonotto, vede la partecipazione di dieci artisti invitati: Giuseppe Abate, Thomas Braida, Nebojša Despotović, Manuel Felisi, Alberto La Tassa, Elena Mazzi, Ruben Montini, Giovanni Ozzola, Fabio Roncato, Giuseppe Stampone.

    La prima tappa di A COLLECTION, ideata da Giovanni Bonotto e Chiara Casarin nel 2018 e che a Torino vede la sua prima espressione pubblica, è realizzata in collaborazione con Opera Barolo, che ospita l’esposizione nel prestigioso Palazzo barocco sede dell’Ente collocato nel cuore storico di Torino.

    Da qui partirà e verrà presentato nelle più importanti e prestigiose sedi del contemporaneo internazionale in un percorso che si svilupperà nei prossimi anni.

    Il progetto è la materializzazione di un semplice assunto: i filati ottenuti dal riciclo della plastica, grazie alle loro infinite cromie e matericità, possono comporre arazzi dettagliati e raffinatissimi. La plastica, proveniente per lo più dalle bottigliette che inquinano i mari, viene lavorata mediante un processo meccanico di fusione e filatura. La trasformazione della cosiddetta materia prima-seconda è condotta in maniera ecologia, sostenibile e produttiva e procede fino allo stadio finale in cui delicati sistemi di manipolazione consentono di ottenere filati che simulano alla perfezione quelli di origine naturale, anzi, le loro caratteristiche ne sono ulteriormente valorizzate.

    Lo spessore, la texture, il volume possono risultare differenti a seconda della lavorazione e diventano elementi perfetti per ogni tipo di utilizzo anche, soprattutto, quello creativo. Questo processo, che ha richiesto anni di studio, è ora messo al servizio della produzione artistica contemporanea e si configura come un nuovo linguaggio per la realizzazione di opere d’arte inedite.

    L’esposizione di A COLLECTION a Torino durerà fino al 15 dicembre; al suo fianco un intenso public program realizzato grazie al coinvolgimento delle istituzioni culturali del territorio metterà a fuoco i temi che ruotano intorno alla mostra: arte, sostenibilità, economia circolare e innovazione.

  • A poco più di un anno dalla sua riapertura, martedì 29 ottobre 2019 a Parigi si è celebrato lo straordinario recupero della Cappella della Sindone, gioiello architettonico di Guarino Guarini, con l’assegnazione del prestigioso Premio del patrimonio europeo / Premio Europa Nostra 2019 per la categoria Conservazione.

    La cerimonia di premiazione dell’European Heritage Awards tenutasi  al Théâtre du Châtelet alla presenza del Commissario Europeo Tibor Navracsics sotto l’alto patrocinio del Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron.
    A ricevere il premio per i Musei Reali di Torino, di cui la Cappella è parte integrante, la Direttrice Enrica Pagella e la Direttrice dei lavori di restauro Marina Feroggio.

    Il premio è indetto dalla Commissione Europea ed Europa Nostra, principale rete per il patrimonio culturale che ogni anno celebra e promuove l’eccellenza nel campo del patrimonio artistico.

    In occasione della cerimonia di premiazione verrà svelato anche il vincitore della categoria Public Choice Award, in cui la Cappella della Sindone è stata inclusa e che nei giorni della votazione ha conosciuto un imponente sostegno da parte del pubblico italiano, manifestato in particolar modo attraverso i social e il web.

    I lavori di recupero del monumento barocco di Guarini sono stati definiti da più parti una “scommessa vinta” per la complessità e la difficoltà del restauro, che ha visto alternarsi tre diversi cantieri nell’arco di vent’anni. Oggi la Cappella della Sindone è uno dei gioielli barocchi più visitati apprezzati dai visitatori che non mancano di soffermarsi ad ammirare il capolavoro ritrovato

    A ricevere il premio per i Musei Reali di Torino, di cui la Cappella della Sindone, vincitrice nella categoria Conservazione, è parte integrante, la Direttrice Enrica Pagella e la Direttrice dei lavori di restauro Marina Feroggio.

    PHOTO credit: Daniele Bottallo

     

  • Di fronte al Parco del Valentino, sulla collina oltre il Po, spicca nel verde una strana costruzione rossa e geometrica. Parliamo della grandiosa residenza commissionata nel 1929 dall’imprenditore, collezionista e mecenate Riccardo Gualino (Biella 1879 – Firenze 1964), dal quale prende ancora oggi il nome benché sia stata destinata da tempo ad altri scopi.

    Per commemorare questa affascinante personalità piemontese, in bilico tra il mondo degli affari e quello dell’arte, fino al 3 novembre le Sale Chiablese dei Musei Reali di Torino  ospitano una mostra intitolata I mondi di Riccardo Gualino, collezionista e imprenditore e dedicata alla vasta collezione artistica raccolta negli anni dalla famiglia dell’industriale.

    I MONDI DI GUALINO

    Le due curatrici Annamaria Bava e Giorgina Bertolino hanno cercato di  «riunire e raccontare i due principali nuclei della storica collezione Gualino, fino a oggi divisa fra la Galleria Sabauda di Torino e la Banca d’Italia di Roma».

     320 opere, alcune delle quali vantano autori eccellenti quali Botticelli, di cui è esposta la celeberrima Venere (1485-1490), i maestri italiani del Duecento e del Trecento, ma anche pittori più recenti come Édouard Manet, presente con La Négresse(1862-1863), e Felice Casorati, artista di fiducia dei Gualino e autore di diversi ritratti della famiglia.

    La mostra  non consiste in soli quadri: il percorso espositivo si snoda infatti in 18 sale, affollate di antiche sculture orientali, ceramiche, oreficerie, arazzi e arredi un tempo orgoglio delle molte residenze dei Gualino, ma anche fotografie e diari privati che testimoniano la vita di questo singolare imprenditore.

    UNA VITA SPACCATA A METÀ

    Quella di Gualino è stata una vita divisa perfettamente a metà divisa da una  una dolorosa censura.
    Riccardo Gualino nasce a Biella il 25 marzo 1879, fin dalla gioventù posa le prime pietre del futuro impero finanziario investendo nei settori del cemento e del legname.

    A 28 anni sposa Cesarina Gurgo Salice, con la quale cresce due figli e acquista Villa Ricci a Cereseto Monferrato, una residenza convertita in un castello
    neogotico
     ispirato al Borgo medievale di Torino. È qui che nasce la collezione d’arte dell’imprenditore.

    Durante gli anni Venti, Gualino sembra invincibile: scala una banca dopo l’altra, si impegna in grandi manovre finanziarie. 

    Gualino e sua moglie si danno al mecenatismo, commissionando a  Felice Casorati un ritratto  di famiglia (in mostra alcuni loro ritratti), promuovono l’arte e la danza e nel 1925 inaugurano un teatrino privato e l’innovativo Teatro di Torino.

    CADUTA E RINASCITA

    1929: Gualino è all’apice del successo, avvia il cantiere della sontuosa villa sulla collina torinese, ma dall’altra parte del mondo Wall Street crolla.

    Costretto a chiedere un prestito allo Stato cedendo in garanzia ciò che ha di più caro. Perderà la collezione,  smembrata fra musei, istituzioni, raccolte private e archivi.
    Gualino ha perso il suo impero, Mussolini  ordina l’arresto e il confino del magnate. È il momento più buio di Riccardo Gaulino.

    Nel 1932 torna in libertà e, dopo un breve soggiorno a Parigi, si trasferisce a Roma dove investe nel cinema, fiutandone in anticipo le grandi potenzialità. L’amore per l’arte non l’ha abbandonato. Decide di ricominciare la collezione acquistando opere di Degas, Picasso e Casorati, senza trascurare la sua passione per le sculture antiche e orientali.

    Nel 1938, con lo stile di un signore rinascimentale, acquista sulle colline fiorentine una villa quattrocentesca detta Il Giullarino, in cui si spegnerà nel ’64 all’età di 85 anni.
    Inarrestabile viaggiatore, Gualino ha attraversato il pianeta per inseguire gli affari e la sua passione per l’arte. Eppure, i soli “mondi” che ha realmente visitato riposavano nelle sue case e nelle sue collezioni, poiché l’arte è un altrove e una lontananza da scoprire.

    MUSEI REALI TORINO

    Orari

    I Musei Reali sono aperti dal martedì alla domenica dalle 8,30 alle 19

    Biglietti Musei Reali Torino
    Intero Euro 12
    Ridotto Euro 2 (ragazzi dai 18 ai 25 anni).
    Gratuito per i minori 18 anni / insegnanti con scolaresche / guide turistiche / personale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali / membri ICOM / disabili e accompagnatori / possessori dell’Abbonamento Musei, della Torino+Piemonte Card e della Royal Card. L’ingresso per i visitatori over 65 è previsto secondo le tariffe ordinarie.

     

  • Nasce dall’incontro fra il lavoro di ricostruzione storica degli archeologi e dei conservatori del Museo Egizio sulla propria collezione e gli strumenti mutuati dalle più recenti frontiere dello sviluppo tecnologico, il nuovo progetto espositivo temporaneo che caratterizza il 2019 dell’istituzione culturale torinese.

    “Archeologia Invisibile” è il titolo della mostra visitabile a Torino  fino al 6 gennaio 2020, a cui Enrico Ferraris, egittologo del Museo che ha curato e coordinato il progetto concepitoall’interno del dipartimento collezioni e ricerca, ha affidato il compito di condurre il pubblico alla scoperta della “biografia degli oggetti”, illustrando principi, strumenti, esempi e risultati della meticolosa opera di ricomposizione di informazioni, dati e nozioni resa oggi possibile dalla collaborazione delle scienze naturali con la propria disciplina nello studio dei reperti.

    Cos’è in grado di raccontare un oggetto di sé? I nostri sensi, la vista in primis, ce ne restituisconoinformazioni di base come l’aspetto, la dimensione, la forma, il colore, finanche le tracce che l’uomo, la natura o il tempo vi hanno impresso. Eppure, tutto ciò non è evidentemente sufficientea disvelarne l’intera storia e il ciclo di vita, a partire dalla sua origine, né le reali funzioni, i contestid’impiego, il valore materiale o simbolico e molto altro ancora.

    Nulla, fra ciò che ci circonda, ne è sottratto, ma quando tale principio viene traslato in ambitoarcheologico, l’approccio, nel farsi scientifico, comporta un grado di analisi superiore, che poggiaproprio sulla conoscenza approfondita del reperto, il cui percorso biografico si amplia: anchel’oblio entra a far parte della narrazione e la vita dell’oggetto si dilata – potremmo forse dire si rianima – col momento stesso del suo ritrovamento e poi, ancora, col suo successivo destino in una collezione, con la sua musealizzazione.

    Il progetto “Archeologia Invisibile” muove proprio dall’intento di esplorare l’affascinante dimensione di quell’attività d’investigazione che le moderne apparecchiature, applicate alle modalità d’indagine e ricerca dell’egittologia, consentono di compiere nello studio di un repertoarcheologico: grazie alla crescente interazione con la chimica, la fisica o la radiologia, il patrimonio materiale della collezione di Torino rivela di sé elementi e notizie altrimenti inaccessibili, che permettono di tratteggiarne volti ancora ignoti.

    L’archeometria – insieme delle tecniche adottate per studiare i materiali, i metodi di produzione e la storia conservativa dei reperti – rende così possibile “interrogare” gli oggetti, domandare a unvaso, a una mummia, a un sarcofago chi siano davvero e perché oggi si trovino al Museo Egizio.

    Quesiti con cui pubblico di “Archeologia Invisibile” si cimenta lungo un percorso espositivo che,con l’ausilio di tali strumenti, invita a guardare oltre il visibile, osservando da vicino i segreti custoditi all’interno degli oggetti, scoprendone aspetti inattesi e trovando risposte talvolta sorprendenti alla propria curiosità come alle domande degli archeologi, nonché ad alcuni rilevanti quesiti della scienza.

    Le tre sezioni in cui si articola la mostra – dedicate, nell’ordine, alla fase di scavo, alle analisi diagnostiche, a restauro e conservazione – a loro volta suddivise in dieci sottosezioni tematiche, propongono dimostrazioni concrete delle differenti aree di applicazione di questo connubio fral’egittologia e le nuove tecnologie, a cui peraltro l’allestimento stesso ricorre, caratterizzandosi con installazioni multimediali e spazi d’interazione digitale per un’esperienza di visita immersiva, supportata da un’audioguida dedicata, realizzata dalla Scuola Holden.

    Va evidenziata, infine, la fitta rete di collaborazioni nazionali e internazionali che ha contribuitoalla realizzazione di “Archeologia Invisibile”, sviluppata con università, istituti di ricerca, enti e istituzioni di tutto il mondo: un sistema di relazioni che va dagli Stati Uniti – è il caso delMassachusset Institute of Technology – alla Gran Bretagna, dal Giappone alla Germania,dall’Olanda all’Egitto, passando per numerose prestigiose realtà più prossime, come il Centro Conservazione e Restauro di Venaria Reale (To), i Musei Vaticani e il CNR.

    TRAILER AUDIOGUIDA 

    Documentare gli scavi

    È lo scavo il primo fondamentale testimone da consultare in questa vera e propria attivitàd’investigazione: l’egittologo, al pari del detective di un caso
    giudiziario, pone le basi della sua indagine nella minuziosa analisi del luogo del ritrovamento. Non soltanto per conoscerne le caratteristiche – del terreno, delle sue stratificazioni, del tipo di sito, dell’insediamento ospitato ecc. – ma anche per documentarne, con la massima precisione, lo scenario e il contesto così comesi presentava prima dell’avvio del dissotterramento e, soprattutto, della rimozione di quanto rinvenuto. In tale ambito, ad esempio, i recenti sviluppi della fotogrammetria permettono il ripristino virtuale di un contesto archeologico che materialmente potrebbe non più esistere,dando vita a un modello digitale che, “agganciandovi” i dati di scavo, diviene un archivioaggiornabile in tempo reale e facilmente accessibile alla comunità scientifica.

    Le analisi diagnostiche

    Quasi come in una ulteriore fase di scavo, l’impiego sui reperti di tecniche d’indagine riconducibili alla cosiddetta archeometria porta alla luce diversi “strati invisibili” di dati. Studiare la natura fisica e materica degli oggetti significa quindi poterne osservare aspettiperlopiù invisibili all’occhio umano, spesso liberando da essi storie dimenticate. È il caso del corredo funerario della Tomba di Kha, un unicum nella collezione del Museo Egizio con 460 pezzi ritrovati integri e ottimamente conservati: benché giunti a Torino oltre un secolo fa, solo recenti esami diagnostici hanno permesso di iniziare conoscerli a fondo. Con le tomografie neutroniche, effettuate a Oxford presso lo Science & Technologies Facilities Council, si è ad esempio andati alla ricerca del contenuto di sette vasi sigillati realizzati in alabastro, accertandone la natura di recipienti riservati agli altrettanti oli sacri usati per il ritodell’imbalsamazione. Analogamente, l’indagine multispettrale ha consentito di compiereimportanti scoperte sulla chimica dei colori utilizzati nell’Antico Egitto, come quella del “blu egizio”, il primo colore sintetico prodotto nella storia dell’umanità.

    Ma anche le stesse mummie di Kha e della sua sposa Merit sono state sottoposte ad accurati accertamenti. In passato la conoscenza di quanto celato dalle bende era di fatto impossibile,se non compromettendo irrimediabilmente l’integrità della mummia, ma oggi l’azionecombinata di analisi radiografiche e TAC ha permesso di realizzare un vero e proprio sbendaggio virtuale di questa coppia di 3400 anni fa: per il loro viaggio nell’aldilà entrambifurono ornati di gioielli dalla raffinata fattura – bracciali, collane, orecchini e un “scarabeo del cuore” – che oggi possiamo rivedere grazie alla modellazione 3D.

    Conservazione e restauro

    Oltre ad accompagnare la ricerca scientifica sui reperti, l’indagine archeometrica assume un ruolofondamentale nella definizione dei metodi migliori di restauro e conservazione. Ne è un esempio il recente avvio di un lavoro congiunto fra il Museo Egizio, il Bundesanstalt für Materialforschung di Berlino e il Centre for the Study of Manuscript Cultures di Amburgo, in cooperazione con il progetto PAThs di Paola Buzi (Università La Sapienza di Roma). L’attività si concentra sull’analisidei manoscritti copti della collezione egittologica torinese, raro esempio di biblioteca tardoantica ben conservata e interamente trasmessa tramite codici su papiro, prima che la pergamena diventasse il principale supporto. Dall’analisi degli inchiostri e del papiro sono attese informazioni su natura e provenienza dei materiali utilizzati nel laboratorio dello scriba, permettendo di definire gli interventi di restauro.

    Ma sono anche i metodi espositivi a venir reinterpretati e implementati dal contributo tecnologico: una dimostrazione in tal senso la offre l’epilogo della mostra con un’installazione in video mapping, la proiezione su un modello 3D in scala 1:1 del sarcofago dello scriba reale Butehamon, che rappresenta il clone digitale dell’originale esposto in sala. Si tratta del supporto di una nuova narrazione della biografia del sarcofago, dalla sua costruzione alla sua musealizzazione, dalla sua prima decorazione, al suo invecchiamento e al suo restauro.

    Questa sezione conclusiva della mostra consegna al visitatore la riflessione sul patrimonio intangibile di informazioni che la scienza sta, in un certo senso, emancipando dal reperto.L’enorme accumulo di dati aumenta esponenzialmente le opportunità di collegare dati e oggetti, di studiare, conservare e valorizzare i reperti. Diventa inoltre possibile costruire modelli digitali dei reperti stessi, non certo in sostituzione ma a integrazione degli originali, in cui le informazioni preservate possono divenire visibili e riproducibili, poiché non più vincolate all’esperienza hic et nunc imposta dalla natura stessa dell’oggetto.

     

  • A fine settembre dello scorso anno sono arrivata al Museo del Toro. Avevo la sensazione che fosse una bella storia da raccontare, come quelle che piacciono a me… da raccontare attraverso le persone che l’hanno fatta, ma mi sono sbagliata!
    Non è una bella storia, ma è un fantastico viaggio nella storia di una squadra di calcio fatta prima di tutto da persone, con la loro quotidianità, desideri, amori, e tutto si incastra perfettamente all’interno di un periodo storico molto difficile, e grazie al #grandetorino l’Italia ha potuto scrollarsi di dosso il buio, con un sogno.#mostra
    In occasione del 70esimo anniversario della Tragedia di Superga,  una mostra “fuori sede” porta i cimeli più preziosi  del Museo Grande Torino nella prestigiosa cornice espositiva di Palazzo D’Oria, a Ciriè

    Quella del Grande Torino non è stata solo una vicenda sportiva. La tragica fine di quella squadra non si può descrivere come semplice fatto di cronaca. Il Grande Torino è stato un sogno comune, un fenomeno sociale, una storia da vivere e un esempio da seguire. Il Grande Torino ha incantato il mondo, lo ha conquistato e poi lo ha incredibilmente lasciato con uno schianto improvviso. Tutto il materiale sulla squadra è preziosamente custodito dal Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata .

    Oggi il Museo esce dal Museo. Per raccontare la storia del Toro in una mostra itinerante che porta i cimeli, i trofei, i giornali, le fotografie, lo spogliatoio e tanti altri oggetti fuori dalla loro sede naturale.

    Si inizia con la prestigiosa cornice di Palazzo D’Oria a Ciriè, alle porte di Torino, dove dal 14 al 29 settembre sarà allestita una mostra che racconta le origini della squadra, le gesta che l’hanno portata ad essere il Grande Torino , le trasferte internazionali e i trofei, fino a quel terribile incidente aereo a Superga avvenuto quel nebbioso pomeriggio del 4 maggio del 1949. La mostra narra i funerali, ai quali parteciparono 900.000 persone , le reazioni della gente e di una nazione che si sentì unita nel lutto, in un sentimento condiviso di smarrimento.

    Ma vuole anche affrontare la faticosa rinascita della squadra Granata, che dopo 27 anni, quasi come ad esorcizzare una volta per tutte la fine del Grande Torino , tornò a vincere, nel 1976, il tanto inseguito scudetto.

    Durante il periodo della mostra si terrà anche una serata in cui i protagonisti indiretti e i testimoni della tragedia di Superga interverrano per condividere ricordi e raccontare retroscena meno noti della vicenda.

    La mostra di Palazzo D’Oria spera di essere soltanto la prima di numerose tappe che permettano a tanti di vivere in prima persona la storia del Grande Torino , per non dimenticare coloro che furono sì, giocatori imbattibili, ma anche ragazzi che vivevano semplicemente il loro sogno più grande: quello di giocare a calcio.

  • Un’occasione unica per scoprire la Casa di Maranello negli ultimi due fine settimana di settembre.

    I Musei Ferrari offrono un’occasione unica a tifosi e appassionati per conoscere la Casa di Maranello: le porte di Universo Ferrari, la prima esposizione dedicata al mondo Ferrari, si apriranno per un programma di visita inedito ed esclusivo per i loro visitatori nei fine settimana del 21 e 22 settembre e del 28 e 29 settembre.

    All’interno della struttura che sarà creata appositamente nei pressi della pista di Fiorano, sarà possibile accedere alle aree dedicate a tutte le attività dell’azienda, dalle Classiche al mondo GT alle corse fino alla Scuderia Ferrari.

    Altra sorpresa indimenticabile per i fan del Cavallino Rampante, di solito riservata alla clientela internazionale, sarà la possibilità di ammirare in esclusiva gli ultimi modelli Ferrari.

    È possibile leggere maggiori informazioni e prenotare una visita esclusiva, fino a esaurimento posti, sui siti dei Musei Ferrari 

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