Categoria: Lo sapevi…

  • Nella caratteristica piazza circolare del quartiere, al civico 38, una targa ricorda Eugenia Barruero, a cui Edmondo De Amicis si ispirò per creare il personaggio

    Una Vanchiglia “da libro Cuore” a pochi passi dalle controverse vie della movida: in largo Montebello, più precisamente al civico 38, abitò infatti “la maestrina dalla penna rossa”, personaggio del celebre romanzo di Edmondo De Amicis.

    Una targa per ricordarla

    A ricordarlo è una targa posta proprio sul cancello del palazzo situato nella caratteristica piazza circolare del quartiere, che recita quanto segue: “In questa casa visse ‘La maestrina dalla penna rossa’, ricordata nel libro Cuore da Edmondo De Amicis, Eugenia Barruero”. La firma, datata 1985, è del “Sodalizio ragazzi del ’99”.

    L’ispirazione di De Amicis: Eugenia Barruero

    Secondo diverse testimonianze, infatti, per creare il personaggio caratterizzato da una penna rossa posta sul cappello lo scrittore e giornalista si ispirò proprio ad Eugenia Barruero, che all’epoca della pubblicazione del romanzo (il 1886, ndr) aveva 26 anni e che di professione faceva davvero la maestra. Alla sua morte, nell’aprile del 1957 a quasi 100 anni, la Domenica del Corriere le dedicò una delle sue famose copertine illustrate.

    A Torino, lo ricordiamo, c’è anche la scuola del libro Cuore: si tratta della Primaria “Boncompagni” di via Vidua, nel quartiere San Donato.

  • Poco prima di morire, pare avesse esclamato: “«Ahimè», disse, «credo che sto diventando un dio» (gli imperatori venivano divinizzati dopo la morte)”:

    «Durante il suo nono consolato, colpito, in Campania, da leggeri attacchi di febbre e tornato immediatamente a Roma, si recò a Cutilio e nella campagna di Rieti, dove ogni anno era solito passare l’estate. Qui, oltre all’indisposizione che lo affliggeva, si era rovinato anche l’intestino con un’eccessiva quantità d’acqua gelata; nondimeno continuava a compiere, come al solito, i suoi doveri d’imperatore, tanto da ricevere le legazioni perfino mentre stava a letto. Ma, quando un improvviso attacco di diarrea lo ridusse allo stremo, disse che «un imperatore doveva morire in piedi»; e, mentre si sforzava di alzarsi, spirò tra le braccia di quelli che lo sostenevano, il 23 giugno, all’età di sessantotto anni, sette mesi e sette giorni.»
    (Svetonio, vita di Vespasiano, 24)

  • Nella notte tra il 4 ed il 5 agosto del 1962 Marilyn Monroe morì, suscitando il clamore e l’interesse dell’opinione pubblica statunitense e mondiale.

    Mentre la versione ufficiale dichiarò il suicidio per un mix di barbiturici, tante furono le tesi controverse sul suo decesso, tra cui morte per omicidio commissionato da Robert Kennedy e commesso dal Dottor Ralph Greenson – psichiatra di Marilyn – con un’iniezione letale; oppure omicidio perpetrato dalla mafia di Chicago per vendicarsi dei Kennedy.

    Qualunque fosse stata la causa, Norma Jean Baker, in arte Marilyn Monroe, lasciò un vuoto incolmabile. Il mondo fu sconvolto al punto che una settimana dopo si registrò un’impennata di suicidi: nella sola città di New York ben dodici nello stesso giorno. Una delle vittime lasciò addirittura un biglietto che recitava: “Se la più meravigliosa cosa nel mondo non ha avuto niente per cui valesse la pena vivere, allora neanch’io”.

    Poco più di dieci anni dopo Elton John dedicò alla scomparsa della diva delle dive la famosa canzone “Candle in the Wind” per celebrare la fragile esistenza della Monroe; brano solo successivamente riadattato per commemorare la principessa Diana.

    Dopo la morte di Marilyn si comprese ancor di più anche l’amore che Joe Di Maggio, suo secondo marito, nutriva per lei: per oltre trent’anni ogni settimana fece recapitare sulla sua tomba un mazzo di rose, il suo fiore preferito. Al contrario nulla fece Arthur Miller, terzo marito di Marilyn, che non si presentò neanche al suo funerale, nonostante una storia d’amore importante (come viene mostrato nella mostra Forever Marilyn grazie al documentario di Sky Arte “Artists in Love”).

    Da quella notte del 1962 il mito di Marilyn è cresciuto nel tempo e rimane immutato ancora oggi, così come cristallizzato ed eterno è il sorriso nelle sue foto. Le più iconiche, come quella col vestito svolazzante sulla metropolitana di New York (nella pellicola “Quando la moglie è in vacanza”) sono a firma dell’amico storico della Monroe, Sam Shaw. Esposte, con scatti a colori e in bianco e nero, nella mostra Forever Marilyn.

    Insieme alle foto sono presenti nell’esposizione oltre sessanta memorabilia originali: articoli di bellezza, abiti, scarpe, foto e oggetti personali e di scena.

    Il proprietario dei memorabilia, il tedesco Ted Stampfer – maggior collezionista al mondo di oggetti di e su Marilyn ­– ha raccontato all’opening della mostra torinese: “Alla morte di Marilyn tutti i suoi averi furono ritirati alla rinfusa in bauli che furono riaperti solo dopo circa 37 anni. Solo nel 1999 infatti case d’asta come Christie’s e Julien’s resero pubblici i beni personali della Monroe. Si trovarono così reperti assolutamente eccezionali come piccole macchie di sudore sugli abiti, le impronte digitali di Marilyn sulla crema viso ormai seccata e i suoi capelli negli oggetti da toilette. Nella mostra di Stupinigi il pubblico potrà notare che in uno dei quattro bigodini esposti c’è ancora un capello biondo…”.

    Per commemorare Marilyn lo staff di Next Exhibition ha deciso di organizzare un evento speciale proprio per la sua ultima serata, giovedì 4 agosto.

    Forever MARILYN The Exhibition – che solitamente chiude il giovedì alle ore 18 – riaprirà dalle 19 fino alle 23, con ultimo ingresso alle ore 22.

    Nel viale antistante la Palazzina di Caccia di Stupinigi verranno esposte delle bellissime auto americane in collaborazione con il partner della mostra West Custom Italy e ulteriore protagonista dell’evento la matrice di un camion interamente brandizzata a tema Marilyn con luci e musica, opera customized da Andrea Sandrone.

    E per accompagnare la visita in questa serata estiva un corner food and drink, in collaborazione con GusTo Italia per chi volesse gustare una bibita fresca o un piatto in stile americano.

     

    E’ possibile acquistare i biglietti per la serata già in prevendita con il circuito Ticket Master.
    Sarà anche attiva la biglietteria della mostra la sera dell’evento.

    Biglietto intero: 12 euro
    Biglietto ridotto (partners, under 12 anni, over 65 anni e studenti universitari): 10 euro

    Per ulteriori informazioni e/o per prenotazione gruppi è possibile scrivere all’indirizzo e-mail
    info@forevermarilyn.it

  • Nata da un incidente al palazzo imperiale, insegna l’importanza dell’accettazione

  • Mercato del libro: nel primo trimestre 2021 cresce a volume e soprattutto a valore.

    Gli indipendenti battono il mercato, crescendo del 34%. E raggiungono il 47,3% del valore globale.

    Roma, 21 aprile 2021

    Adei, in collaborazione con GfK, ha presentato i dati del mercato del libro relativi al primo trimestre 2021*. Per la prima volta, oltre ai dati generali di mercato si sono rilevati in dettaglio i valori degli editori indipendenti, suddivisi per generi e classi di fatturato.

    Il mercato registra una crescita significativa, pari al 29,8% per numero di libri venduti. Ma gli indipendenti segnano una crescita in volume del 34%, superiore dunque alla media del mercato. Gli sconti praticati da librerie, GD e rivenditori online sono scesi dal 9,5% del 2020 al 4,7% del 2021.

    “Se il mercato avesse mantenuto lo sconto medio del 2020, si sarebbero bruciati ben 16,6 milioni di euro, come rileva il dato panel GfK” dichiara Marco Zapparoli, presidente di Adei “e il valore degli editori indipendenti, nel loro insieme, è salito al 47,3%”, conclude.

    “Non solo la Legge che ha visto prima firmataria Flavia Piccoli Nardelli non ha danneggiato il mercato: oltre a renderlo più equo, ha generato da subito performance migliori. Nel settore della fiction, noi indipendenti siamo cresciuti in volume del 43%” aggiunge Sandro Ferri, editore di e/o. “Mentre nel settore bambini e ragazzi”, conclude Francesca Archinto, editore di Babalibri” siamo cresciuti del 29,3%, contro il 20,8% del mercato. Gli editori più piccoli, con fatturato inferiore a 300.000 euro, hanno guadagnato terreno”.

    Questi risultati estremamente positivi confermano il costante trend di crescita dell’editoria indipendente in Italia. Il valore complessivo del segmento indipendente, infatti, si attesta al 47,3% del mercato.

    Ricordiamo che per editori indipendenti si intendono tutte le società editoriali che non fanno parte, e non sono partecipate, da uno dei gruppi proprietari, in tutto o in parte, di uno o più marchi editoriali, di una società di distribuzione, di una catena di librerie.

    *Dal 4 gennaio al 28 marzo 2021

    Ufficio stampa

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  • Il 9 gennaio 1878 muore a Roma Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia. Pochi mesi dopo il figlio Umberto, succedutogli al trono, decide di depositare nell’Armeria Reale di Torino la ricca raccolta di armi appartenuta al padre. Si trattava di un nucleo di oltre cento opere, che negli anni successivi fu ulteriormente incrementato fino a raggiungere più di 350 esemplari.

    Altre armi di Vittorio Emanuele II continuarono a confluire a Torino anche dopo l’estate del 1878, soprattutto per iniziativa della casa regnante. Nel 1880 furono inviati un elmo e una corazza selezionati tra un cospicuo nucleo di oggetti conservati nel Magazzino centrale militare di Firenze, utilizzati nelle feste di matrimonio di Vittorio Emanuele II e di Umberto I. Sempre quello stesso anno furono depositati gli abiti indossati dal sovrano in occasione di un torneo svoltosi nel 1845 nel parco di Racconigi. Nel 1881 confluirono le onorificenze, già in Palazzo Reale, appartenenti a Carlo Alberto e Vittorio Emanuele, mentre nel 1889 fu inviata a Torino la spada che il re aveva impugnato nella battaglia di San Martino del 1859.

    Oltre alle armi, la raccolta comprende bandiere, uniformi, onorificenze e altri oggetti strettamente personali, in larga parte esposti nelle vetrine 1, 3, 4, 5 e 6 della Rotonda. Alcuni si collegano al ruolo pubblico del sovrano, come i doni diplomatici o le armi che ricordano le battaglie del Risorgimento, altri sono da mettere in relazione con gli interessi personali di Vittorio Emanuele II, primo fra tutti la caccia, documentata da una spettacolare collezione di fucili e coltelli. 

    Tra gli oggetti appartenuti a Vittorio Emanuele II spicca una spada realizzata intorno al 1852 da Don Eusebio Zuloaga, famoso armaiolo spagnolo che visitò l’Armeria Reale nel 1875. La lama di Toledo reca inciso lo stemma del regno di Castiglia e Léon mentre il fornimento, finemente lavorato, riporta una raffigurazione della battaglia di Goito del 1848, vinta dall’esercito piemontese capitanato da Carlo Alberto contro gli austriaci di Radetzky. Un altro oggetto di particolare pregio è una sciabola, completa di fodero, che venne dedicata al sovrano nel 1861, anno dell’unificazione italiana, dalle popolazioni di Modena, Massa e Carrara, Guastalla, Garfagnana e Frignan: sulla lama, in acciaio damasco e con decorazioni in oro di trofei d’armi, è riportato il marchio della nota famiglia Hoppe di Solingen; lo scultore e medaglista Giovanni Rinzi di Milano realizzò il fornimento con impugnatura in argento massiccio e un’effige del Re scolpita nella vela. Da mettere invece in relazione con gli interessi personali di Vittorio Emanuele II vi è un archibugio da caccia a pietra focaia a due colpi della fine del Seicento: appartenne con ogni probabilità a Ferdinando de’ Medici o a Francesco Maria de’ Medici, entrambi appassionati cacciatori; sulla canna lo scudo mediceo è scolpito in argento dorato, mentre il calcio riporta sulle due guance il monogramma “FM” coronato: venne realizzato a Londra dall’olandese Andrew Dolep uno dei maggiori armaioli attivi nella capitale inglese tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento. 

    Nei primi mesi del 2020 si è avviato il progetto di riallestimento delle vetrine della Rotonda con l’esposizione delle armi orientali e il riordino delle raccolte del Re, nuclei dei quali si è iniziata anche la catalogazione scientifica. 

    Dal catalogo “Una carrozza e le armi del Re. Le raccolte di Vittorio Emanuele II nell’Armeria Reale” a cura di Giorgio Careddu e Marco Lattanzi, Editris 

  • I doni dell’Imperatore

    L’ingresso nelle collezioni dei Savoia di due delle tre armature giapponesi complete conservate nell’Armeria è conseguente all’apertura di relazioni diplomatiche, avvenute a seguito della firma del trattato di amicizia e commercio tra il Regno d’Italia e l’Impero giapponese, siglato il 25 agosto 1866 e successivamente ratificato a Edo, l’odierna Tokyo. Le armature B. 53 e B. 54 vennero donate a Vittorio Emanuele II dall’imperatore del Giappone Meiji rispettivamente nel 1869 e nel 1871, a pochi anni di distanza dalla stipula dell’intesa tra i due Paesi. 

    Si trattava di doni prestigiosi, come testimoniano la cura nel realizzarle e la scelta dei materiali impiegati, a indicare che erano destinate a personaggi di rango elevato. Le due armature, con le collezioni extraeuropee, vennero allestite nella Rotonda, sala in cui furono sistemate pochi anni dopo anche le raccolte di Vittorio Emanuele II. A differenza della B. 53, montata già nell’Ottocento su un manichino, l’armatura B. 54 è stata riproposta nel suo insieme solamente ora, per sottolinearne l’aspetto unitario e facilitarne una più immediata lettura.

    Le armature giapponesi B. 53 e B. 54

    L’armatura B. 53, costituita da lamelle in cuoio e metallo laccato e dorato, unite da fettucce di seta azzurre e arancio, è un apparato difensivo leggero utilizzato per lo scontro a piedi (do-maru). Le sue parti, caratteristiche della tradizione militare giapponese tra il XII e il XIX secolo, rispondono alla necessità di garantire, nello stesso tempo, resistenza e libertà di movimento.  L’armatura è esposta insieme alla spada (tachi), indispensabile corredo del samurai: identificata con l’anima stessa del proprietario, era un simbolo del suo onore e del suo stato sociale.

    L’armatura B. 54, collocabile all’interno del periodo Edo (1603-1868), è invece il frutto dell’assemblaggio di elementi differenti, ma coerenti tra di loro. Tre stemmi appartenenti a casate diverse sono posti sulla maschera, sulle manopole e sul kabuto (elmo). Quest’ultimo, firmato dell’autore Yoshihisa, è l’elemento più antico e risale al XVI secolo.  Per quanto concerne la corazza, di due secoli dopo, si è di fronte a una hatomune okegawa-do ovvero a una corazza realizzata per un’armatura moderna (tosei gusoku) e composta da lamelle rivettate e attraversate da una piega centrale posta verticalmente. Oltre alla firma dell’autore, sulla corazza sono presenti ideogrammi ageminati che riportano una invocazione alla “grande divinità del monte Fuji”. Quest’armatura è assai differente dalla tipologia do-maru della B. 53 in uso prima della introduzione delle armi da fuoco occidentali in Giappone. Gli altri elementi che compongono l’armatura sono posteriori, tra cui la corazza che presenta in corrispondenza del lato di apertura la firma dell’armaiolo Munenori di Osaka, vissuto almeno due secoli dopo.

     Dal catalogo “Una carrozza e le armi del Re. Le raccolte di Vittorio Emanuele II nell’Armeria Reale” a cura di Giorgio Careddu e Marco Lattanzi, Editris.

  • La nuova serie TV su casa Savoia, che sarà lanciata nel 2022. si prepara aad esordiire sul set. La serie è una produzione italo francese, che porta le firme di Commission Torino Piemonte, Lume Torino e Les Films d’Ici casa di produzione transalpina. I produttori non nascondono che l’ispirazione sia nata dalla serie ispirata a casa Windsor. Tuttavia, la produzione italiana promette di essere altrettanto intrigante e che il budget messo a disposizione dai produttori non sarà inferiore a quello della produzione Netflix.

    La scrittura della produzione si è arrestata a maggio,rallentando le fasi preliminari della produzione durante la pandemia, ma è ripresa in queste settimane con lo scopo di ultimare le riprese nel 2021 e lanciare il prodotto l’anno seguente. Oltre le vicissitudini della casata sabauda, la serie sarà incentrata sulle gesta di Marie-Jeanne de Nemours, moglie di Carlo Emanuele II.

    Lo show spazierà tra realtà storica e fantasy, e dai dettagli rilasciati finora dovrebbe partire dagli albori del XVII secolo, esplorando la storia di Marie-Jeanne de Nemours. Da orfana, si ritroverà ad essere moglie del duca di Savoia, Carlo Emanuele, diventando Reggente del Regno e Madama Reale (nel 1675). Proprio da quest’ultimo titolo dovrebbe essere tratta la denominazione della serie, anche se al momento sono in molti ad affermare che potrebbe chiamarsi semplicemente “I Savoia”.

    La donna sarà al centro della serie, e verranno raccontate le sue vicissitudini amorose, la sua ostentazione dei giovani numerosi amanti (e la vendetta nei confronti di quelle del defunto marito) ma ampio spazio avrà anche, naturalmente, il filone politico. Verrà infatti mostrato come la Reggente abbia sfidato Luigi XIV (il Re Sole), cercando di affermare a livello internazionale il ruolo dei Savoia. Giocando secondo le sue regole, provò a trasformare Torino in una nuova Atene, dal punto di vista culturale e della conoscenza. Stravolgendo i costumi dell’epoca e i rigidi dettami di corte – provenienti per lo più dalla vicina Francia – sobillerà l’intera città.

    Per la fiction sui Savoia è stato fatto un contest dal titolo semplice ed efficace, I Savoia – La Serie. L’ispirazione viene, sembra facile capirlo, dal successo di operazioni come I Borgia, I Tudor e il più recente, e vicino, I Medici.

    Come si legge nella brochure che raccoglie i progetti finalisti, il contest è stato lanciato nell’autunno 2017 da Film Commission Torino Piemonte, FIP Film Investimenti Piemonte e Regione Piemonte e ha messo in palio 50.000 euro per lo sviluppo dell’idea vincente. Certo pochi per immaginare l’effettiva realizzazione di un prodotto miniseriale.

    Il bando, infatti, richiedeva un concept per una miniserie da 6-8 episodi da 50’ ambientato nei secoli d’oro dei Savoia, tra il XVII e il XVIII, che portano la dinastia dal ducato al titolo regio e segnano l’affermazione a livello europeo. Dal trattato di Cateau-Cambresis del 1559 agli splendenti decenni delle Madame Reali con l’affermazione della dinastia a livello europeo, dal lungo regno di Vittorio Amedeo II e del figlio Carlo Emanuele III all’epoca della Rivoluzione Francese, fino al Risorgimento, con l’Unità Italiana del 1861.

    L’obiettivo dei patrocinatori era quello di promuovere una serie TV di alto profilo, capace di valorizzare la storia del territorio piemontese e il circuito delle residenze reali. E i progetti non sono mancati. Stando a quanto pubblicato dalla FCTP, al bando europeo hanno risposto 247 autori per un totale di 150 concept presentati, di cui il 10% stranieri. Una commissione ha quindi selezionato i 10 progetti più convincenti da presentare al TFF 2018, dove sarebbe stato anche premiato il vincitore.

    “La serie tv “Madama Reale” ha convinto per la capacità di unire la grande epica storica e televisiva con temi e linguaggi di grande attualità. La vita di Maria Giovanna di Nemours viene raccontata nella cornice di una serie di lettere tra una madre e una nipote, che sviluppano apertamente il difficile rapporto tra genere, potere e sentimenti privati; un tema centrale per comprendere l’originalità delle figure storiche delle Madame Reali e che al tempo stesso risuona con sempre maggiore importanza nel mondo contemporaneo”.

  • Un abbonamento, una sorta di “tessera soci” che consentirà non solo l’ingresso alla Pinacoteca, ma anche l’accesso ai contenuti digitali di Brera Plus. La Pinacoteca nel cuore di Milano si veste di nuovo e per accedervi si utilizzerà una tessera trimestrale. Gratis fino al 31 dicembre, l’abbonamento costerà poi quanto il biglietto singolo.

    Ad annunciarlo è il direttore James Bradburne, il cui obiettivo è quello di trasformare il “concetto del museo” e avvicinarlo di più alla sua comunità. “I visitatori non hanno una voce, ma i soci sì. Libertà è partecipazione”, dichiara dalle pagine del Corriere della Sera.

    D’ora in poi, quindi, invece del consueto ticket ci sarà una specie di abbonamento, che sarà a titolo gratuito fino al prossimo 31 dicembre, e che permetterà di visitare le gallerie e di avere accesso ai contenuti digitali di Brera Plus. Sarà valido per l’accesso illimitato per la durata di tre mesi.

    Da gennaio, quando l’abbonamento non sarà più gratuito, si entrerà allo stesso prezzo del vecchio biglietto, ha garantito Bradburne. La novità sta nel fatto che invece di entrare una sola volta, lo si potrà fare quante si desidera e inoltre si potranno visionari i contenuti online, tra eventi e iniziative.

    Tra i problemi di Brera, chiusa per Covid dal 23 febbraio al 9 giugno, una perdita di 3 milioni sul bilancio preventivo: “Non siamo l’unico museo in questa situazione e non è chiaro come il governo potrà gestire tutto questo – ha commentato il direttore – stiamo navigando sotto le stelle dell’incertezza. È l’impatto dell’anno terribile che abbiamo vissuto”.

    Intanto, ripartiranno il 12 ottobre le iniziative online con il documentario Performing Raffaello, un vero e proprio excursus sugli allestimenti dello Sposalizio della Vergine dal 1806 ad oggi. Un percorso che proseguirà idealmente il 29 ottobre con una mostra virtuale che affiancherà la stessa opera col rotolo cinese ‘Viaggio lungo il fiume durante il Qingming’ di Zhang Zeduan.

     

     

     

  • MORRONE DEL SANNIO, CAMPOBASSO

     

    Nell’area archeologica di Casalpiano sono stati scoperti i resti di una villa romana del periodo imperiale, residenza di Rectina, amica di Plinio il Vecchio e da questi salvata nel 79 d.c. dall’eruzione del Vesuvio a Pompei.

    Già prima del VI sec. d.c. però, l’area venne trasformata in una necropoli e ad oggi sono state scoperte più di 50 tombe di donne, uomini e bambini.

    Rispetto al periodo altomedievale non si hanno notizie certe, ma intorno all’anno mille già dovevano essere state edificate due chiese: Santa Maria e Santa Apollinare.

    Quest’ultima oggi non esiste più ed è ancora incerta la sua collocazione, mentre l’odierna chiesa di Santa Maria, con una tipica struttura in stile romanico-molisano, diffuso tra il XIII e XIV secolo, è il frutto di successive trasformazioni, nel ‘500 prima e nel ‘700 poi, che ne hanno modificato l’orientamento e le decorazioni.

    Al lato dell’attuale chiesa si trovano i resti monumentali di un altro edificio religioso di cui però è ancora incerta la datazione, considerate le notevoli dimensioni e l’altezza delle strutture, probabilmente risalente al periodo goticizzante.

     

     

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