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  • DA QUI NASCE LA FONTANA DEL MELOGRANO.

    Nel corso del tempo gli edifici esistenti furono ampliati ed uniti, fino alla trasformazione radicale avvenuta tra il 1490 circa e il 1510 ad opera di Giorgio di Challant, priore di Sant’Orso, che ne fece una sontuosa dimora per la cugina Margherita de La Chambre ed il figlio Filiberto. Fu allora che il castello assunse l’aspetto attuale, diventando un unico palazzo a ferro di cavallo, affacciato su un ampio cortile e un giardino all’italiana, sul cui alto muro di cinta furono dipinti personaggi importanti ed eroi; il porticato al piano terreno fu ornato da una serie di lunette affrescate con scene di vita quotidiana e rappresentazioni di botteghe, mentre al centro del cortile sorse la celebre fontana in ferro battuto detta del Melograno, simbolo di prosperità.

    Sempre in quel periodo molti ambienti interni furono decorati con affreschi, sia nelle zone di rappresentanza, quali la Sala di Giustizia o la Cappella, sia nelle stanze più private, tra cui gli oratori di Margherita de La Chambre o di Giorgio di Challant.

    Dopo i fasti del Cinquecento, la residenza si avviò verso un progressivo declino e nel 1872 fu venduta all’asta pubblica: acquistata dal pittore torinese Vittorio Avondo, divenne oggetto di un’attenta campagna di restauro che le restituì l’antico splendore.

    Donato allo Stato nel 1907, oggi il castello appartiene alla Regione Autonoma Valle d’Aosta e si presenta con alcuni elementi dell’originale mobilia ed altri arredi rifatti alla fine dell’Ottocento, che insieme a numerosi oggetti d’uso domestico ripropongono l’ambientazione tardo quattrocentesca voluta da Avondo.

    Entrando nel palazzo ci si trova nel cortile, attorniato da edifici sulle cui pareti sono ritratti gli stemmi del casato Challant e delle famiglie con esso imparentate; oltrepassata la fontana del melograno si prosegue verso l’androne decorato dalle pregevoli lunette, raffiguranti il corpo di guardia, la bottega del beccaio e del fornaio, il mercato di frutta e verdura, il sarto, lo speziale e il pizzicagnolo.

    Era abitudine e soprattutto permesso lasciare scritte e segni  sulle pareti del castello.

    Si posso leggere frasi scherzose, che ci fanno sorridere, ma se pensiamo alle mani che hanno tracciato quei segni e ascoltiamo attentamente, dentro di noi sentiremo senz’altro una parola che rimbomba: ‘ANANKE.

    La prima cosa che salta all’occhio per una Torinese, è la Fontana del Melograno posta al centro del cortile: identica a quella nel cuore del Borgo Medievale del Valentino! Trattasi di riproduzione. Realizzata, dopo gli accurati studi che ne fece Alfredo d’Andrade all’inizio del XX secolo, per il padiglione piemontese dell’Esposizione Internazionale di Roma del 1911.

    Cosi chiamata perché costituita da una vasca in pietra di forma ottagonale sormontata da un albero in ferro battuto.

    Ad Issogne è stata collocata in una posizione privilegiata all’interno del castello, non sembra essere la volontà di riprodurre in maniera fedele la natura, ma piuttosto dalla volontà di realizzare un’opera dalle forti valenze simboliche.

    Infatti, osservando da vicino l’albero,  si nota che le foglie riproducono quelle della quercia, mentre i frutti sono indubbiamente frutti del melograno.

    Simbolicamente, il melograno rimanda a temi quali la castità e l’unità della famiglia, mentre la quercia assume significati di forza e antichità.
    Tutti questi precisi richiami alle virtù della casata Challant sembrano confermare l’ipotesi che la fontana sia stata realizzata da Giorgio di Challant in occasione del matrimonio del nipote, Filiberto di Challant, con Louise d’Aarberg, nel corso del 1502.

     

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